Minare la percezione della storia attraverso nuovi scenari dell'immaginazione.
È questa l'opera sottile, tra utopia e realtà, politica, identità culturale e temi di genere, che Yael Bartana inietta attraverso video, fotografia e installazione. Sono più spesso le tappe successive di un viaggio che trae origine da un'azione collettiva coreografata nello spazio pubblico, ma non solo.
Lo racconta la mostra potente ospitata nelle tre sedi della Galleria Raffaella Cortese e lo palesa anche nelle sue parole l'artista israeliana, classe 1970, in questa audio-intervista.
Qui, Bartana sceglie per noi una modalità di comunicazione inaspettata e spiazzante, anche ruvida.
A fare le sue veci, nel declamare le risposte, come in un atto performativo, è una voce femminile digitale preimpostata. L'artista chiama in aiuto un lettore automatico.
Qualsiasi morbidezza e inflessione emotiva è spazzata via dal tono meccanico di quelle parole. Ciò che resta è solo la limpida determinazione del loro significato.