La voce dei nuovi formati 4. Veda a Firenze ci esorta a guardare avanti, a giovani artisti internazionali. Il racconto di Gianluca Gentili

Una vetrina, uno spazio impenetrabile, una profondità inaspettata. Veda è stato prima project space, poi galleria. Il format inusuale e dal respiro internazionale, ora cambia le sue regole, con una nuova casa a Firenze da settembre

Qual è l'origine della galleria e quali sono gli obiettivi e le urgenze da cui nasce?  

«VEDA inizia la sua attività a Firenze nel 2016, come project space. I suoi obiettivi iniziali erano quelli di mostrare a chiunque transitasse davanti alla vetrina di Borgo Pinti le ricerche di artisti contemporanei difficilmente visibili in Italia ma già piuttosto riconosciuti nell’ambito emergente internazionale. Da qui è venuta anche la scelta del nome “VEDA” che è di fatto un invito a vedere, ma che nel dialetto toscano, implica un vedere in modo attivo, più vicino all’azione di guardare, prender nota, riflettere su ciò che si sta osservando. A un anno dall’apertura le relazioni instaurate con gli artisti esposti hanno reso necessario un cambio di asset. Ed è nata la voglia di instaurare un dialogo continuativo e più produttivo con gli artisti invitati. Per questo VEDA è diventata nel 2017 una galleria a tutti gli effetti e ha iniziato a partecipare a fiere internazionali e a collaborare con altre entità nel mondo dell’arte contemporanea».

Quali sono state le linee guida della galleria fin dal principio? Qual è il campo d’azione, chi sono stati gli artisti coinvolti e cosa li ha accomunati finora? 

«Molte delle linee guida della galleria, format compreso, si sono create come risposta sia allo spazio fisico della galleria, sia alla necessità di emergere in una città come Firenze che appare per molti alieno al panorama artistico contemporaneo. Innanzitutto la sede di VEDA ha avuto, fino ad ora, uno spazio espositivo atipico: un'altezza di sette metri, per metà sviluppata al di sotto del livello della strada e non accessibile all’interno, ma sempre illuminato e visibile dall’esterno tutti i giorni a tutte le ore. Uno spazio di questo tipo è stato sicuramente un forte incentivo per gli artisti, e per la galleria stessa, a pensare in modo inusuale andando a confrontarsi con delle dinamiche quasi opposte a quelle che si trovano solitamente nello spazio espositivo. Il concetto di white cube chiuso e sospeso dalla realtà, così come è stato fortemente teorizzato dagli anni Settanta, è stato estraneo finora a VEDA, spazio totalmente esposto alla vita esterna. Parlando invece degli artisti è bene specificare che nel caso della programmazione di VEDA, intessere una relazione non solo professionale ma anche personale con ognuno di loro è sempre stato un punto cardine, non imposto ma accaduto naturalmente. Ciò che lega ogni mostra è il convergere di personalità che condividono interessi, pensieri e necessità intellettuali, un fil rouge che collega ogni ricerca, ogni progetto ospitato e idealmente, ci piace pensare, crea un racconto contemporaneo destinato a durare». 

Collaborazioni e bilanci. A quali piattaforme digitali guardate, a quali fiere e perché? 

«La programmazione di VEDA è decisamente orientata a un mercato e un panorama emergente di ampio respiro internazionale. Questo si riflette in modo evidente nella scelta delle fiere a cui prendiamo parte Paris Internationale (Parigi), Liste (Basilea), Material (Città del Messico), Frieze New York, ecc) e le riviste e piattaforme che seguiamo: Frieze, ArtForum, ma anche e-flux. Ovviamente non mancano i punti di riferimento anche nel panorama nazionale e per questo ci aspettiamo di tornare a partecipare presto ad appuntamenti importanti come quello di Artissima a Torino e Miart a Milano. Inoltre seguiamo attivamente riviste come Mousse Magazine e Flash Art che non mancano mai nel nostro ufficio. Negli ultimi anni anche i social hanno acquistato un valore maggiore e in particolare Instagram ha rappresentato un modo per noi di tenerci più vicini alle istituzioni ma anche ai collezionisti, instaurando un dialogo più aperto e meno rigido.

Sviluppi e futuro. Quali idee, iniziative e obiettivi immaginate per adattarvi al nuovo scenario che ci attende?

«Il 2021 sarà per VEDA un anno di cambiamento, a cominciare dalla sede, che saremo felici di presentare presto con un annuncio ufficiale. Cerchiamo di guardare al futuro con la stessa curiosità e voglia di sperimentazione che ha contraddistinto il percorso della galleria tracciato fino ad oggi, ma per farlo, abbiamo capito che avevamo bisogno di più spazio. Resteremo comunque a Firenze, non abbandonando però i progetti off-gallery che ci porteranno a presentare alcuni dei nostri artisti in istituzioni contemporanee importanti».

In che modo è cambiato il lavoro dei vostri artisti in questo nuovo scenario?

«Non crediamo ci sia stato un “modo” di lavorare diverso. Forse alcune esigenze sono divenute più urgenti, soprattutto a livello tematico e concettuale. Per quanto riguarda le metodologie, lavorare con artisti non italiani ci ha sempre portato a un confronto “a distanza” e alla gestione della produzione in tandem tra l’Italia e il paese di residenza dell’artista».

 

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