Dal Mozambico all’Etiopia, oltre i confini consueti dell’arte, ecco gli artisti che incontreremo nelle stanze delle gallerie in Laguna
Il vento ci sussurra parole da lingue lontane. Ci invitano a scoprire i paesi dell’emisfero sud del mondo. Per un viaggio oltre confine, al largo dalle geografie dell’arte più prevedibili. Lo suggerisce la Biennale di Venezia, già nel titolo “Foreigners everywhere/Stranieri ovunque”.
Firmata da Adriano Pedrosa, primo curatore latino americano a dirigerla, la rassegna, dal 20 aprile al 24 novembre, si propone con forza come osservatorio sul mondo. In quattro capitoli riscrive l’attualità di un sentimento riscopertosi comune: sentirsi straniero, che sia da una prospettiva queer, outsider, folk o indigena. Per farlo Pedrosa viaggia ai quattro lati del globo racchiudendo una selezione di artisti dalla Repubblica del Benin all’Etiopia, dalla Repubblica Democratica di Timor Leste alla Repubblica Unita della Tanzania.
Ma come vengono intercettate e tradotte queste complessità dalle gallerie veneziane? La tendenza è di proporre mostre in armonia con questa visione.
Akka Projects presenta Unspoken Wars, mostra che racchiude l’opera di due artisti under 40 originari dell’Africa. Si prova, attraverso il loro sguardo, a far emergere ciò che rimane nascosto tra i fili della narrazione mainstream che travolge i loro paesi. Quali sono le vere radici e le sfumature dei conflitti che li attraversano? Quali le storie individuali perse nel racconto? A rispondere è Mario Macilau, classe 1984, dal Mozambico, riconosciuto tra i "100 Principali Pensatori Globali" da Foreign Policy nel 2015, con i suoi intensi ritratti fotografici in bianco e nero. In parallelo, l’etiope Nahom Teklehaimanot (Addis Abeba,1991) svela come attraverso la sua pratica pittorica tenti di affrontare e di superare i traumi vissuti di recente dal suo paese, per la prima volta presente in Biennale.
La stessa linea viene scelta da Alberta Pane e Galleria Contini. Entrambi propongono retrospettive di artisti sudamericani, seppur diversissimi. Si potrà contestualizzare il percorso di Luciana Lamothe (Buenos Aires, 1975), in dialogo con la sua installazione agli spazi dell’Arsenale. La mostra dell’artista argentina prova a offrire uno sguardo ampio sulla sua ricerca. Si troveranno sculture, lavori su carta, fotografie e video realizzati nel corso dell’ultimo decennio. Contini celebra, con oltre 40 lavori, tra cui molti inediti, l’opera di Pablo Atchugarry (Montevideo, 1954). Lo scultore uruguayano, che ha dato vita nel suo paese a una fondazione frequentata da migliaia di studenti, è anche complice nel proporre una mostra di Verónica Vázquez (Treinta y Tres, 1970), in una cordata tra Galleria Michela Rizzo e Marignana Arte. La scultrice uruguayana è qui posta in dialogo con l’artista veneziano Maurizio Pellegrin (classe 1956). Entrambi si dedicano all’importanza della memoria e alla volontà di prendersi cura dei frammenti del passato per ricomporli in una nuova prospettiva.
Marignana Arte traccia altre due traiettorie. Espone, fino al 15 maggio, le opere dei tre artisti degli Emirati Arabi Uniti, Almaha Jaralla, Latifa Saeed e Samo Shalaby che hanno partecipato al programma Beyond Emerging Artists (BEA) di Abu Dhabi Art. E, nella project room, una serie di sei dipinti dell’artista brasiliana Annette Skarbek, nei quali gioca con intrecci visivi in continua sospensione tra figurazione e astrazione (visitabile fino al 20 maggio).
Altra terra, stessa dimensione del sentire. Zuecca Projects ci invita a scoprire la pittura materica di Ioan Sbârciu (Feldru, 1948), tra i maggiori esponenti della scena rumena contemporanea e figura accademica di rilievo. I suoi paesaggi di cenere e di polvere sussurrano parole di rinascita e di trasformazione. Nella serie in mostra, il pittore s’interroga sul nostro vivere contemporaneo, così distante dalla natura, Estranged from nature.
Marina Bastianello fa dialogare le ceramiche di Ozioma Onuzulike, nigeriano, classe 1982; e quelle di Alessandro Roma (Milano, 1977). Le loro opere s’incontrano nella sede veneziana inaugurata a settembre scorso. L’uno è incantato dai legami delle sue perle d’argilla, l’altro s’incurva per spiare le profondità intestine dei suoi oggetti.
Uno spazio raccolto, per rimodulare i propri pensieri lontano dal caos è invece quello che ci offre Michela Rizzo, con le installazioni sonore di Brian Eno, Leone d’Oro alla Carriera alla Biennale Musica 2023. Inoltre, se ci addentriamo nella project room, possiamo imbatterci nell'installazione immersiva dell'artista franco italiano e ingegnere software Marco Violet-Vianello. L'opera sfrutta le potenzialità dell'AI per acquisire la nostra immagine e rimandarcela rivisitata secondo una serie di temi che riflettono i pregiudizi sociali, in linea con i temi trattati dalla Biennale.
Anche da Victoria Miro siamo accolti da un'installazione immersiva, quella realizzata dall'artista Sarah Sze, classe 1969, che diventa protagonista assoluta dello spazio per stimolare riflessioni sulla percezione delle immagini e sul rapporto con i ricordi. Proietta sulle pareti immagini cinetiche e sistema con cura i suoi dipinti per ricostruire l'ambiente del suo atelier newyorkese. L'artista ci invita a frequentare la mostra con le stesse modalità con cui esploriamo la città di Venezia: allenando e gustando un certo senso di perdizione.
A plus A festeggia i vent'anni di attività della School for Curatorial Studies con la mostra Double Take realizzata dai suoi studenti. Viene lanciato un appello appassionato a soffermarsi una seconda volta sui contenuti che quotidianamente ci arrivano per cogliere al massimo i significati che hanno da offrirci.
Due nuove gallerie si profilano all’orizzonte. Tommaso Calabro debutta nella nuova sede di Palazzo Donà con Harold Stevenson (1929 - 2018), pittore americano molto legato a Venezia. È noto per i nudi maschili, proibiti nelle accademie artistiche abbandonate poco prima di conoscere Warhol in un café. NContemporary e Alessandro Casciaro inaugurano uno spazio condiviso in cui alternarsi nella programmazione. Si parte con autori come Urs Lüthi, Santiago Reyes Villaveces e Silvia Rosi. Le loro storie distanti sono raccolte in mostra per la comune sensibilità intimista, altro modo per rispondere al più travolgente contesto globale.
La mappa
Le gallerie
Domenica, lunedì e martedì chiuso
lunedì : su appuntamento