Racconti d'artista. Tomaso Binga, re e regina di quadri, dentro e fuori dall'opera, nelle parole dell'artista

Corpo e testo, corpo e parola, corpo e lettera. Tomaso Binga è lo pseudonimo con il quale Bianca Pucciarelli ci conduce con leggerezza nel suo personalissimo viaggio attraverso la parola.

Autrice tra arte e poesia, nella sua opera si misura da sempre con audaci ricombinazioni di linguaggi: visivi, ma anche sonori e performativi.

Con il marito, lo storico dell'arte Filiberto Menna, è stata protagonista di un cenacolo eccezionale, che si è raccolto negli anni attorno alla sua casa.

Negli anni Settanta sceglieva nell'arte un nome maschile, come se potesse così indossare una nuova identità.

Lo faceva per protesta ma anche per paradosso ludico, re e regina di quadri, dentro e fuori dall'opera.

La sua opera riceve oggi numerose mostre e un grande interesse di critica e di mercato, come accade ad altre colleghe tra arte e parola.

Il grande pubblico la incontra di recente con Dior, alle passerelle autunno/inverno 2019-20. Su invito di Maria Grazia Chiuri, recitava il suo acrostico Femminismo. Mentre una reinterpretazione della sua opera-alfabetiere Scrittura Vivente del 1976, realizzato usando il suo corpo, faceva qui da fondale-manifesto alla sfilata.

Come descriverebbe il suo incontro con l'arte e la parola? Vuole tratteggiare in breve gli anni intensi di formazione?
Quando comprende compiutamente il suo ruolo d’artista e quando e perché sceglie di usare uno pseudonimo al maschile?
Quale è stato il rapporto tra lei e colleghe militanti sul tema di genere? Eravate riconosciute come artiste? Cos'è cambiato?

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