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Mattia Bosco − Filippo Armellin: In origine

16.04-20.07.2019

Paesaggi aspri e rocciosi, come quelli ricreati in studio da Filippo Armellin, tra modelli plastici e fondali dipinti. Accanto al loro pittoricismo straniante, si scorgono pietre reali, scavate da Mattia Bosco come sorgenti formali primitive e primarie. Una mostra accende un dialogo insolito tra fotografia e scultura. La doppia personale alla Galleria Fumagalli riunisce questi due giovani artisti, entrambi con base milanese, ampliando un corso finora avviato dalla galleria con autori già consolidati, come Richard Wilson o Keith Sonnier. “In origine”, come suggerisce il titolo, va dritto al tema dell’archetipo. Da sempre focalizzato sulla fotografia, Armellin, nato nel 1982 in provincia di Treviso, ha formazione allo IUAV accanto a giganti come Guido Guidi, ma va anche alle origini dell’arte concettuale con l’americano Joseph Kosuth, al quale dedica la tesi e con cui lavora a lungo in studio. Negli anni sviluppa una professione nella documentazione di mostre, lavorando per musei e gallerie, ma continua una ricerca parallela e autonoma nell’arte, creando set e maquette che poi fotografa, tra realtà e finzione. Bosco, invece, è figlio d’arte, con madre restauratrice e padre pittore. Studia filosofia e usa l’argilla come primissima palestra. Negli ultimi anni trascorre lunghi periodi nei laboratori dei marmisti della Val d'Ossola, tra le fenditure delle cave e i colori delle pietre locali. Con la roccia va all’origine della materia. Scandaglia le stratificazioni geologiche come testimoni di un percorso creativo autonomo, da ascoltare. Il suo lavoro si può vedere anche nella sua mostra in contemporanea a Palazzo Borromeo, “Il tempo è un bambino che gioca”, da LCA Studio Legale (fino al 26 luglio).